"If I think about the future of cinema as art, I shiver" (Y. Ozu, 1959)

  •  FP18

    NAKED LUNCH

    David Cronenberg     Albert Serra     Quentin Tarantino
    enrico ghezzi    Michael Mann    Fred Wiseman
    Paul Schrader    Robert Wyatt    Nick Mason

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Lorenzo Esposito

Cinema vs. film-art

Su una cosa Tsai Ming-liang è davvero sincero in questa conversazione a cuore infranto col suo Lee Kang-sheng, ed è quando si dice al settimo cielo perché il loro ultimo film Stray Dogs verrà proiettato nei musei: “Ti rendi conto, siamo arrivati in un museo!”. Però però, ingenuità a parte… Cosa intende davvero Tsai? Che dopo tutti i film fatti solo Stray Dogs ha raggiunto il livello necessario per garantirsi un posto nel salone dorato di ciò che è considerabile arte o di un’arte considerata alta? Che dunque solo ora lui e Lee Kang-sheng sono considerabili artisti? Che il cinema stesso, per essere arte, ha bisogno di installarsi nelle stanze o sulle pareti di un museo?

Afternoon (Tsai Ming-liang)Curioso, soprattutto perché tutto Tsai Ming-liang insiste invece a disinstallare, se non il cinema, sicuramente se stesso. Comunque, si sa che le magnifiche e progressive sorti della film-art oggi sono tanto sublimi quanto prevedibilmente canoniche e canonizzate, a cominciare dalle parole, che non sembrano designare altro che generiche etichette - cinema d’avanguardia, film sperimentale, film di ricerca, opera radicale - che designano a loro volta una questione, questa sí, attuale: non sappiamo più neanche di cosa parliamo (e le conseguenti domande: cosa fa delle otto ore di Albert Serra non solo un film, ma un oggetto artistico? La durata? La disposizione su cinque schermi? La posizione collaterale all’interno della Biennale Arte di Venezia, con tanto di canale dipartito in fondo a Via Garibaldi del quartiere Castello, sfociante, tenendo la destra, sul ponticello antistante i cantieri navali, cioè arrivarci sarebbe di per sé un’artistica passeggiata-anticipazione? E cosa distingue due lavori della compianta Chantal Akerman come Now e No Home Movie, per cui il primo è in una grande esposizione universale e il secondo nel concorso internazionale del festival di Locarno? Il numero di schermi in gioco, anche qui? Quale dei due è un film e quale film-art? A parte che in quello considerato ‘cinema’, No Home Movie, ci sono più schermi dei cinque disposti a mo’ di fuga western in Now… E che dire di un pezzo di pellicola in fin di vita di Lezioni di storia di Straub-Huillet scolpito in loop all’ingresso del padiglione italiano, e che appunto – ma qui a Straub è ben chiara la questione di lana caprina, lasciate ogne speranza, voi ch’entrate: “Questo film parla di commercio e di democrazia, ovvero di imperialismo” - dovrebbe omaggiare l’arte italiana? Che fa? Installa? Disinstalla? Harun Farocki, per esempio, benchè integralmente filmografato su una parete delle Corderie schermino dopo schermino, ha poi una saletta tutta sua e i film li proiettano, uno al giorno, per intero: dis-installazione di una retrospettiva? Il passo da museo poi, continuamente dis-tratto, fa senz’altro preferire lo schermo in miniatura, davanti al quale ci si ferma, irrazionalmente, e ci si mette a guardarlo lì il film, perché c’è il maledetto sogno di vederli tutti contemporaneamente – ho visto tutto Farocki in una sola occhiata! - invece che andare a sedersi per un’ora e mezza o tre e vederne uno solo e non avere il tempo di volo per tutte le altre sale. Mentre nel nell’hangar collaterale dove ci sono i cinque schermi di Serra, su tre persone che prendono una sedia e cominciano a scivolare nel buio, ce ne sono trenta che entrano e dopo poco escono sgomente alla sola idea di tutto il tempo che avrebbero perso, insomma a chi può venire in mente di scambiare il cinema con… l’arte!? Chissà, sarà tutta questa beata confusione a permettere all’orrido furbetto moralista Steve McQueen di fare con Ashes I&II un pezzo pianamente accettabile, una fotocopia fronte-retro che magari è più filmica del solito, con l’unica trama il sonoro di un’immagine double-face e non le solite insulsaggini sociologiche neanche poi tanto passabilmente sceneggiate).

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