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As Mil e Uma Noites - Vol.1, O Inquieto (Miguel Gomes)

Sunday, 19 July 2015 10:02

Le mille e una notte, al giorno d’oggi, in Europa

Davide Oberto

“Oh re fortunato e felice, si racconta che in un triste paese tra i paesi, dove si sognano di balene e sirene, la disoccupazione si espande. In certe zone la foresta brucia la notte nonostante la pioggia e in altre uomini e donne fremono d’impazienza per tuffarsi nell’oceano in pieno inverno. A volte gli animali parlano, benché sia improbabile che qualcuno li ascolti. In questo paese, in cui le cose non sono quelle sembrano essere, gli uomini di potere si spostano cavalcando cammelli e nascondono permanenti e vergognose erezioni, nell’attesa che arrivi il momento della raccolta delle tasse per poter pagare lo stregone che...”

Così Sherazade comincia a raccontare le sue storie al sovrano in As Mil e Uma Noites Vol.1 – O Inquieto di Miguel Gomes. Il “triste paese” di cui si narra è il Portogallo, “triste paese tra i paesi” d’Europa, capo/testa d’Europa, ma anche appendice, estremità, confine di un continente che è stato a sua volta caput mundi, ma che forse non è altro che estrema propaggine dell’Asia. O, forse, solo propaggine fallica di uomini potenti e senza controllo che viaggiano su cammelli...

Il 20 maggio del 1990 Jacques Derrida tenne una conferenza a Torino dal titolo “L’altro capo – Memorie, risposte, responsabilità”, nell’ambito di un convegno che si proponeva di ragionare su “L’identità culturale europea”. Derrida, ispirato da alcuni testi di Paul Valéry, scritti nell’imminenza della Seconda Guerra Mondiale, cercava di descrivere un’Europa in cui da poco era caduto il muro di Berlino, in cui si agitavano ancora confuse perestrojke, in cui il capitalismo occidentale sembrava trionfare e la storia sembrava finire, nell’imminenza di possibili razzismi, nazionalismi e diseguaglianze sempre maggiori.

25 anni dopo, sugli schermi di Cannes, al giorno d’oggi, un regista portoghese si agita, inquieto, durante le riprese del suo film: vuole raccontare la dismissione dei cantieri navali di Viana do Castelo e, insieme, la storia di un McGyver locale che riesce a sconfiggere un’invasione di vespe.

In effetti As Mil e Uma Noites comincia così, con il regista/capo che scappa, cerca di sfuggire alla capitale questione del racconto che vuole essere militante e insieme fantastico, e, affascinato dalla propria locura, ha paura di non poterla sostenere e di non riuscire a raccontare l’oggi d'Europa, nell’imminenza di una crisi sempre nuova che inquieta senza sosta e senza soluzione.

Il capo (del film) lascia spazio non a un altro capo, ma all’altro del capo, che anche Derrida cercava nel suo breve testo come antidoto a un’identità culturale europea che allora rischiava di chiudersi e che, al giorno d’oggi, si è chiusa nella retorica di linguaggi tanto trasparenti, quanto uniformanti, e violenti nell’esclusione e nella decisione.

L’altro del capo è Sherazade che cercherà di incantare il sovrano, l’uomo potente in erezione perenne, con storie infinite, liberando la forma del cinema dalla necessità di essere riconosciuta, incasellata, neutralizzata (vedi la paura di Fremaux, direttore del Festival di Cannes, burocrate della cultura europea che temeva Derrida, di fronte a questo geste de cinéma da anestetizzare in fretta). La locura di immaginarsi un film in cui le vespe convivono con i cantieri, in cui il reale diventa fantastico e le balene sputano sirene, in cui un gallo parla e un giudice lo ascolta, è la locura che solo può creare una cultura (e un cinema) che sappia essere sempre diversa da se stessa, inclassificabile, sempre critica, responsabile, per lasciarsi trasportare ancora da Derrida, della possibilità dell’impossibile.

Al giorno d'oggi, in Europa.



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