"If I think about the future of cinema as art, I shiver" (Y. Ozu, 1959)

Support the Girls (Andrew Bujalski)

Sunday, 28 April 2019 21:06

La vita al Double Whammies

Giorgia Cacciolatti

Texas, giorni nostri. Siamo al Double Whammies, breast-resturant “per famiglie” (come viene ribadito più volte) gestito da cameriere con corpi da urlo stretti in top striminziti e shorts inguinali. Sulle ragazze veglia l’occhio attento ma affettuosamente materno della responsabile Lisa, che seguiamo durante quella che si rivelerà essere la sua ultima giornata di lavoro. Ciò che più stupisce dell’ultimo film di Andrew Bujalski è la capacità di distruggere ogni previsione dello spettatore, ingannato a partire dal titolo: se da Support the Girls ci si può aspettare una gender-comedy dai toni squisitamente femministi, quel che emerge è invece un racconto scevro da ogni tipo di ideologia, in grado di superare i rischi e limiti posti dal pericoloso background entro cui si muove, dove strumentalizzazione del corpo femminile (the four B’s: be responsable, be informed, be friendly, be sexy), paradossali politiche razziali (the Rainbow Guideline) e rozzo predominio maschile si intrecciano continuamente senza tuttavia intrappolare la narrazione, che scorre libera tra i rapporti emozionali venutisi a creare tra i personaggi, legati da solidarietà prima di tutto umana e solo dopo femminile (e niente affatto preclusa ai maschi), nata da una parità di condizioni che via via si è tramutata in vero e proprio affetto, l’ossigeno che permette la sopravvivenza psicologica al dramma quotidiano imposto dall’appartenenza alla lower-class americana. Ciò che più stupisce del film è la capacità di far emergere quest’empatia senza tuttavia raccontare, se non collateralmente, le storie che la animano e che rimangono sullo sfondo per lasciare il posto a quelle che sembrano più persone che personaggi, verso cui si sviluppa un forte senso di familiarità e complicità che va al di là dei singoli trascorsi di cui viene detto poco o niente, anche quando si tratta della stessa protagonista, della cui vita privata si coglie a malapena qualche amaro frammento.
Quella che appare come una normale giornata di lavoro sempre uguale a se stessa viene a un certo punto stravolta non da un evento specifico, ma dalla dolorosa presa di coscienza di Lisa durante un improvvisato e surreale viaggio in macchina - rivelatorio per lei ma oscuro e angosciante per lo spettatore - in cui perderà, più o meno volontariamente, il lavoro.
Da questo momento le emozioni dei soggetti del Double Whammies saranno segnate da un malinconico senso di fine che intensificherà il forte legame tra la donna e le ragazze, già consapevoli dell’impossibilità di sostenere lo squallore quotidiano senza quell’empatia e affetto reciproco a cui sempre si aggrappavano per rimanere a galla.
Il film è a tratti attraversato da una comicità che scaturisce più da un senso di straniamento che da un umorismo vero e proprio, e che culmina nel delirante e fallimentare tentativo di ribellione al licenziamento di Lisa da parte delle sue protette, la cui febbricitante performance ha il sapore dell’improvvisazione. Questa libertà recitativa, probabilmente specchio di una altrettanto libera scrittura, è più o meno marcatamente onnipresente. Qui risiede la potenza del film di Bujalski, nella capacità di assumere, con estrema naturalezza, tratti quasi documentaristici nella toccante e malinconica narrazione dei legami solidali e affettivi tra i personaggi, narrazione che si apre con il pianto solitario di Lisa e si chiude con un urlo collettivo di isterica ma catartica liberazione, seppur solo apparente anche ai loro stessi occhi.

 

 

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