"If I think about the future of cinema as art, I shiver" (Y. Ozu, 1959)

Lisa Gyongy

Sunday, 07 June 2020 18:04

Cronache dall’acquario, La densità del tempo -
(o visioni pandemiche)

 Sono nel traffico.

Gomito al finestrino, gas di scarico, sole basso negli occhi. 

Alla radio, musica che non capisco, parole mozzate e voci modificate. Cambio stazione. Radiogiornale. 

La coda avanza un poco. Mi specchio nelle espressioni annoiate degli automobilisti. Abbiamo solo voglia di tornare a casa e di scrollarci la giornata di dosso.

Alzo il volume, parlano del virus cinese. È arrivato anche da noi. La gente muore. Dobbiamo chiudere tutto, scuole, negozi, parrucchieri, banche, parchi, chiese, tutto. Dobbiamo restare a casa.

Sento una vibrazione. Un brontolio dal basso. La mia auto si stacca da terra. Mi sento leggera, lievito all’interno dell’abitacolo. Intorno a me, le altre automobili galleggiano nell’aria.

Ci guardiamo attraverso il parabrezza. Le nostre bocche si spalancano al rallentatore. Pesci in un acquario.

La mia auto punta il muso in alto. Parte. È un razzo. Sale a velocità supersonica. Il tettuccio si apre, vengo espulsa dal sedile. Sono proiettata in alto, così in alto. Il mio corpo cambia, torno adolescente, bambina, neonata. Un casco da cosmonauta mi protegge la testa, un lungo cordone ombelicale mi tiene attaccata a una piccola terra, così distante. Volo nell’universo.

In lontananza vedo un agglomerato di stelle. Lo raggiungo. È una strada illuminata da lampioni. Nuoto in mezzo ad alti edifici. Dai balconi, persone cantano, battono le mani, annaffiano piante.

In strada un corpo di ballo sincronizzato, infermieri, dottori. Sorridono sotto le mascherine. Persone a letto, intubate, seguono il ritmo. Gli spiriti si staccano e volano con me.

Avanzo. Dai balconi piovono cestini colmi di fiori, di buon cibo. La musica diventa un’eco. Le strade sono vuote. Quiete. Sento un rumore di passi, di zoccoli, un cerbiatto mi saltella accanto. Sotto di me corre un cinghiale, vengo immersa in un fuggi fuggi di animali selvaggi, delfini, cigni, scoiattoli e scimmie che ciondolano da un balcone all'altro. Mi sorpassano. Sono di nuovo sola.

Il gracchiare di una radio. La serranda di un negozio si apre, il rumore è assordante. Nella strada davanti a me un grido. Gente che manifesta. Hanno grandi cartelli in mano. Leggo “Rivoglio il mio taglio di capelli!” “Aprite il mio fastfood!” “La libertà o la morte!” Una persona tenta di colpirmi con un cartello che dice “Complotto!” Lo schivo per un pelo. 

Una radio volante mi segue, dicono che il virus sta andando via. Dicono che dobbiamo tornare alla normalità.

Il cordone ombelicale si tende. Annaspo nell’aria. Mi tira all’indietro, sempre più forte, sempre più rapida. Gli animali corrono, volano, saltano all’inverso. La gente dei balconi viene aspirata dentro casa, i lampioni sfrigolano, si spengono. Il cordone tira. Invecchio, la terra si fa più grande. Ho paura, finirò per sbatterci contro. Esplodo. Nero. Luce.

Sono nel traffico. Gomito al finestrino, gas di scarico, sole basso negli occhi e musica che non capisco.

 

 

 

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