Controcampo del tempo
I feel my story’s still untold
But I'll make my own happy ending
This is a simulation
This is a simulation
This is a simulation
This is a simulation
This is a simulation
This is a simulation
This is a simulation
This is for demonstration
This is a simulation
This is for demonstration
This is an only illusion
This is my only delusion
This is the real of my wildest dream
These are my wildest dream
If it’s all in my veins
It’s all in my mind […]
Róisín Murphy, Simulation
https://www.youtube.com/watch?v=k5D2K889XBc&ab_channel=R%C3%B3is%C3%ADnMurphy
Una stanza sottotetto bianca dalle linee spoglie e geometriche.
Nel centro, sotto una piccola finestra c'è un letto di legno chiaro, alla sinistra una libreria bianca, bassa, vuota.
Una figura è distesa al centro del letto coperta da un piumone bianco. Dorme?
Dal lato destro dell’inquadratura entra un altra figura in accappatoio color carta da zucchero.
Ha i capelli bianchi. È in forma.
Si avvicina al letto.
L’inquadratura si sposta sul suo viso.
È un David Cronenberg dall’aria assonnata nonostante la doccia appena fatta.
Uno sguardo di stupore lo sveglia dal torpore.
“Futuro” significa lo spaziamento di tempo, la differenza che è nel tempo, ma che è la differenza del tempo, lo spazio attraverso il quale il tempo differisce se stesso,
lo spazio della comunità nella sua esistenza.
Jean-Luc Nancy, La comunità inoperosa, Cronopio, Napoli, 1993
Controcampo del tempo.
Il volto dell’uomo sdraiato nel letto è il volto di David Cronenberg. È il volto di un morto.
L’uomo in accappatoio si avvicina, esplora il suo volto morto.
Lo bacia.
Sulla guancia e sulla fronte, come si bacia una persona morta a cui si è voluto bene.
Il perturbante che si era dipinto sul volto di Cronenberg diventa completamente e solo nostro, mentre l’affetto e la tenerezza per il David Cronenberg morto invade ormai il David Cronenberg in accappatoio carta da zucchero.
In quello spazio del tempo noi siamo ancora scomposti, sconcertati, affascinati, rassicurati e impauriti.
Come Donald Sutherland in A Venezia... un dicembre rosso shocking (Don’t Look Now, Nicolas Roeg, UK, 1973) quando tra le calli veneziane vede di spalle una bambina con lo stesso soprabitino rosso che indossava sua figlia morta.
Come Donald Sutherland insegue la bambina sperando che sia sua figlia e temendo di scoprire qualcosa di ancor più orribile, noi guardiamo pietrificati, affascinati e perturbati David Cronenberg abbracciare con dolcezza il suo cadavere; avvicinare il suo volto vivo al suo volto morto.
Lo vediamo assumere la stessa espressione.
Aprire la bocca nello stesso modo, quasi a cercare l’ultimo respiro.
Cronenberg sembra citare Bataille. La morte è “ciò che mi sfugge”: “una profondità che mi attira e che mi è familiare” e, contemporaneamente, “ciò che mi è sottratto dalla più remota lontananza” (George Bataille, Teoria della religione, SE, Milano, 2002).
In quello spazio nel tempo che il perturbante apre trovano accoglienza il rimosso, il sopravvissuto, i sintomi, gli spostamenti, gli anacronismi; i buchi che scavano il volto morto di Cronenberg sembrano aprire universi di possibilità e di alterità. Le due bocche in cerca dell’ultimo respiro creano vortici inattesi in cui le reliquie di un cinema fatto di corpi e di oggetti di una materialità insopportabile si dissolvono in una leggerezza inafferrabile e insopportabile come un ultimo respiro.
E restano quei due volti vivimorti vicinissimi e stupiti dalla loro bellezza come il Narciso di Caravaggio.
The saddest story ever told
The narcissistic glory to be all alone
And I could show you, listen what I say
To fear real love is to give it away
A happy ending would never be
Narcissus dying
Róisín Murphy, Narcissus
https://www.youtube.com/watch?v=AFB_TEkITCE&ab_channel=R%C3%B3is%C3%ADnMurphy
Présence totale
absolue
poids nul
la densité, pas le poids
Roland Barthes, Journal de deuil, Édition du Seuil/Imec, Parigi, 2009