"If I think about the future of cinema as art, I shiver" (Y. Ozu, 1959)

SIGNS OF CHAOS (3) - Seducão da carne (Conversazione con Julio Bressane)

Sunday, 02 December 2018 18:59

Lorenzo Esposito

Memoria che genera profezia

Vorrei cominciare dal titolo. Seducão da carne: che significato dai qui alla parola seduzione? Intendi qualcosa di strettamente poetico e visionario oppure è la base di un pensiero critico, di critica economico-politica per essere precisi?

 

 

Sedução da Carne è il titolo brasiliano del film Senso di Luchino Visconti, ma la “questione della carne”, il suo stesso senso, da quei tempi ha viaggiato attraverso molte altre regioni…

 

 

Siloè incarna uno di questi due percorsi o forse entrambi (e molti altri). Ma chi è davvero Siloè? Donna? Parola che si fa carne? Pura essenza?

 

 

La carne, l’incarnare, il reincarnare, l’incubo della reincarnazione, traccia una traiettoria spirituale e cellulare. La reincarnazione configura una mutazione. Siloé, il cui nome indica un’essenza, vive di un ricordo, di un sogno interrotto, di una testura di incertezze della memoria, di fantasmagorie botaniche e minerali. Corpi, gesti, sensazioni che ritornano sempre e sempre trasfigurati. Ricordi alterati, incerti, che la obbligano necessariamente a vivere con tenacia, a inventare la vita, a sperimentare un’esistenza.

 

 

Siloè studia, riflette, si denuda insieme alla parola nuda, scarnificata e reincarnata. Ma qual è il suo vero obiettivo: mettere ordine nel Caos del mondo o solo raccontarlo perché ognuno trovi la sua soluzione? Quandi dici carne di cosa stai veramente parlando: del corpo, del mondo, del set del film, del pensiero, dell’immagine in sé?

 

 

Dargli un senso significa distruggerlo, annullarlo.

 

Seducão da carne (Conversazione con Julio Bressane) 

Perché Siloè parla con un pappagallo?

 

 

Parlare con un pappagallo significa entrare nel cuore di un mito, dentro un tempo che appartiene a un altro tempo. Durante tutta la sua longeva vita, il pappagallo è stato un custode sicuro della memoria, guida per una storia futura. Queste impressioni emergono dalla relazione di viaggio che Alexander von Humboldt scrisse su un pappagallo che incontrò in una tribù dell’America del Sud nel XIX secolo. Il curioso volatile, dal becco curvo e dal piumaggio colorito, custodiva e riproduceva nel suo pittoresco parlare le leggende e i miti di una tribù estinta. Ascoltarlo e decifrarlo fu come scoprire un mondo ignoto e una cosmologia perduta, che continuava, però, custodita e depositata nello sconosciuto e straordinario volatile.

 

 

Hai spesso parlato di Seducão da carne come di un film su memoria e profezia. Memoria come forma di resistenza e insieme stato di veggenza. Il film è percorso da frammenti di tuoi film non finiti, ritrovati, postumi; e viene squarciato da segmenti di film altrui: cosa sono questi innesti per te, memoria o profezia?

 

 

Brandelli di immagini montati con brandelli di testi. João Ribeiro, illustre scrittore e filologo brasiliano (autore di innumerevoli libri sul folklore, espressioni convenzionali, forme verbali, falsobordone, specificità linguistiche del portoghese brasiliano e tanti, tanti altri), ha studiato il linguaggio, il ritmo, il senso, la psicologia, lo stile dei dialetti brasiliani, ha analizzato a fondo gli arcani nazionali. Le sue letture ed esegesi dei proverbi sono vere immagini dialettiche in accordo ben misurato di spazio e tempo, un viaggio curioso attraverso la vasta terra di un Brasile perduto…

L’uomo delle caverne disegnando sulla roccia tratti, segni, figure, ha dato inizio all’articolazione tra memoria e profezia. Le piramidi, i templi, i monumenti sacri, le cattedrali, le scoperte geografiche del XV e XVI secolo, furono veri e propri accumuli di memoria e profezia. Un gesuita che visse nel XVII secolo, Padre António Vieira, scrisse un celebre libro intitolato, História do Futuro e la Clavis Prophetarum, in cui la memoria genera la profezia.

 

 

Perché hai usato Le sang des bêtes di Georges Franju?

 

 

La carne degli animali, il silenzio degli animali, il massacro quotidiano di milioni di animali mosso dal consumo, dal potente affare tecnico-scientifico della carne, il grande mattatoio, mattatoio collettivo di tutti i tempi, testimone cruento del gusto e della scienza umana di uccidere, sono lo specchio di noi stessi. Non esiste civilizzazione, non è mai esistita, senza il gusto raffinato di uccidere. Violenza predatoria organizzata contro ciò che è e non è umano. Lo scandalo della sofferenza animale, lo spargimento del sangue, la cottura crudele, la mentalità carnivora, una criminalità milionaria, sono specchi di noi stessi.

L’uomo è il suo cacciatore e la sua caccia. Ha scritto Robert Ardrey: “Non nell’innocenza è nato l’uomo, noi siamo i figli di Caino. Il periodo di transizione, in cui l’uomo era poco più di una bestia rapace ossessionato dall’uso di armi appropriate, spiega la sua storia cruenta. L’uomo è una bestia rapace in cui è presente l’istinto di uccidere con l’ausilio di un’arma. La civiltà agricola e industriale non hanno aggiunto nulla alla struttura primaria dell’animale umano”. Raymond Dart, studiando la transizione predatoria dalla scimmia all’uomo, afferma: “Il tratto più caratteristico della specie umana risiede nel fatto che durante i secoli che hanno accompagnato la sua evoluzione questa è diventata predatrice”. Predatrice di sé, di tutti, del mondo.

“Il mondo si chiama mondo perché è immondo”, scrisse Padre António Vieira, “l’imperatore della lingua portoghese”, come lo definì Fernando Pessoa. Le sang des bêtes, di Georges Franju, anticipa attraverso il montaggio la storia stessa dell’Europa mettendo a nudo e affiancando una parte visibile e un’altra che non si lascia scorgere, presente e assente, il sangue degli animali e il sangue degli uomini trucidati negli olocausti e nelle stragi. L’Amazzonia, la più grande foresta e riserva di acqua potabile del nostro pianeta, ha perso il 30% del mantello verde che la ricopre a causa della devastazione compiuta dall’industria della carne. Sono quasi 90 milioni di capi di bestiame. Il suolo, l’aria, e, adesso, anche l’acqua, si stanno esaurendo in questa allucinante corsa politica contro la vita. La carne degli animali approvvigiona il “progresso”, la corruzione della terra, la creazione delle leggi, l’immoralità degli alti funzionari dell’amministrazione pubblica…

 

 

Puoi parlarmi dell’inizio del film? Sei tu da solo e in viaggio con la tua piccola camera digitale, è il regista che ausculta gli alberi, il vento, i corvi (spero non ti arrabbierai se ti dico che c’è un’aria alla Hitchcock, e che nella scena sulla spiaggia con i pescatori sembri voler scherzare con il Glauber Rocha di Barravento). È come se fossimo in un caleidoscopio, come se stessimo guardando dentro una di quelle macchine dei primordi del cinema, quelle di Edison per esempio. Ed è anche un caleidoscopio geografico, immagini che arrivano da diversi Paesi... Puoi parlarmi di tutto questo?

 

 

Le immagini iniziali di Engandina e Kovalam rammentate lentamente durante tutto il film, sono ricordi che intessono la trama come agenti e reagenti formali ricorrenti nella configurazione, nel desiderio, di altro mondo in questo mondo. Engandina e Kovalam, unire questi due campi, montare questi due spazi, approssimare questa distanza, curare un territorio inesistente, inatteso, un luogo che genera uno dei più straordinari sogni di Siloé, che segna il suo destino, questo luogo dei sogni incantati evoca l’immaginazione suprema, incontra oltre il limite l’orientamento verso il crepuscolo del suo affetto. Engandina, unire in uno sguardo il cielo, le nuvole, gli alberi, il bosco, la cicatrice delle montagne riflessa nello specchio liquido dei laghi, la fortezza romana di Chasté, la pietra filosofale di Surley, tutte queste immagini, ogni plan sono segni rivelatori dell’Eterno Ritorno. Fu in questa geografia, in questi luoghi, sempre camminando, che il filosofo Friedrich Nietzsche concepì e accolse il suo concetto di Eterno Ritorno. Kovalam, sud dell’India, spiaggia con templi ornati da molti colori, dove si venerano antichi dei, dove la pesca con la rete viene praticata con la stessa forza viva di 3000 anni fa, anche questo è un Eterno Ritorno. Siloé vive un Eterno Ritorno dei luoghi incantati, dalle antiche impronte. Ciò che sempre ritorna a Siloé in figurazioni diverse sono i ritagli di questi luoghi incantati dove le venne consegnata, per alcuni istanti, la bellezza. Sentire la bellezza, sentire questi momenti meravigliosi e sublimi che la elevano al di sopra di sé, svelano il vero destino del suo sogno, allora, con perspicacia ella comprende e teme la forza della carne bruta, della carne fredda dei macellai che la circonda, la minaccia, la segue, la circuisce e, infine, assalta il suo corpo sensibile.

 

 

E il finale? Siloè si accoppia con la carne nuda. La sua è una mutazione o una reincarnazione?

 

 

La relazione tra l’uomo e l’animale è stata, ancor prima dell’addomesticamento, una relazione matrimoniale, una relazione di scambio materiale, simbolica, spirituale. L’uomo, la sua condizione sociale, è sempre stata legata al numero e alla bellezza dei suoi animali. Questa l’identificazione durevole tra uomo e animale. Afferma la Chiesa nel libro penitenziale di Burcardo di Worms (1008-1012): “Colui o colei che si unirà sessualmente con un animale morirà insieme ad esso. Il suo sangue sarà cosparso sopra il corpo di entrambi”. “Se commetterai sodomia con un giumento, se ti unirai sessualmente con una vacca, o qualsiasi altro animale, pur avendo la tua sposa per soddisfare la tua lubricità, sarai condannato a digiunare per dieci anni. Se vi è l’abitudine nel commettere tale crimine, il digiuno sarà di quindici anni”. La relazione sessuale tra uomini e animali, ancora oggi pratica comune e clandestina, trova la sua conclusione nella divorazione degli animali da parte degli uomini. È possibile mutare questa relazione? Gli animali possono vivere secondo le regole e le pulsioni umane? Manterremo sempre con gli animali una relazione basata sulla semplice funzione di compagnia e sostentamento? Elisabeth de Fontenay nel suo Il silenzio delle bestie: la filosofia alla prova dell’animalità, libro di ampio respiro, confronta le diverse tradizioni della metafisica occidentale e l’enigma dell’animalità.

 

 

Torniamo alla seduzione della carne. Quando Siloè comincia a parlare il primo tema che affronta è l’amore carnale tra uomo e animale. E lo fa guardando in un libro alcune riproduzioni fotografiche, “Donna nuda con cane” di Courbet e soprattutto “Leda col Cigno” di Francesco Melzi, che si dice sia la migliore copia del quadro di Leonardo perduto… Mi viene in mente che forse questa corsa del cinema fra memoria e profezia ha qualcosa di profondamente erotico, proprio di sessuale, di relativo al coito.. E che allo stesso tempo, come dice Siloè, questo abbia a che fare col concetto (perduto) di sacro..

 

 

Esiste un’antica tradizione che attraversa, da sempre, la storia dell’arte, in Oriente come in Occidente, tale tradizione considera senza valore tutta l’arte/poesia che può essere compresa, decifrata e accettata. Questa tradizione considera la creazione artistica come un tessuto di enigmi, oscurità, di difficile decifrazione. Pittori (Giorgione, Tiziano), poeti (Góngora, Sá de Miranda), ritenevano essere nell’abisso, in ciò che è enigmatico, il nucleo, il centro, del loro formalismo. Il testo autobiografico di António Feliciano de Castilho, classico della lingua portoghese, ha come titolo A Chave do Enigma (t.l. La chiave dell’enigma). Per alcuni artisti la popolarità era considerata un insulto… Nella Lisbona del 1916 un poeta poteva ancora presentire Il ritorno degli dei. Nel 1917, il poeta Fernando Pessoa scriveva per se stesso nella persona di un eteronimo, António Mora. Afferma questa voce: “Gli dei pagani non creano, trasformano appena, l’origine del mondo non ha principio nella religione pagana. Di qui la sua superiorità. Ciò che è vago resta, il pagano non definisce ciò che crea”.

L’impegno, la tenacia di Siloé, la sua sensibilità e la forza spirituale, non resistono all’insistente attacco della carne soprannaturale. Insinuatasi nel suo corpo, nelle sue viscere, una strana e diversa natura la schiaccia, ed ella, dolorosamente stremata, soccombe. Poco dopo, subito dopo, mentre le ore corrono, a Kovalam, di fronte al Mare d’Arabia, nella adornata spiaggia rammentata da Siloé, il corvo, celebre volatile delle tenebre e di presagi funesti, consuma inquieto il suo pasto in riva al mare…

 

 

Tu hai più volte teorizzato che il modo in cui si svolge il pensiero ha a che fare col sogno, che la visione è vera visione quando le immagini si evocano l’un l’altra o rimandano ad altre immagini. Mi sembra che Seducão da carne sia un film che se possibile riflette esattamente e più di ogni altro su questo processo. Quando Siloè guarda la “Donna con pappagallo” sempre di Courbet la cinepresa sembra assumere il punto di vista del pittore, anzi proprio ‘l’inquadratura’ fatta da Courbet nel dipinto, c’è una sorta di transfert per caméra. Un accoppiamento animale con l’immagine? È come se l’immagine grazie a Siloè passasse a uno stato differente, inconsueto, dove il corpo stesso deve accettare la sua nuova natura. C’è una sequenza bellissima dove Siloè sprofonda in uno specchio e resta nel fondo, fuori fuoco…

 

 

Nel sogno un mondo ne attraversa un altro senza interruzione. La realtà è tutto: tutta l’immaginazione, tutta la memoria, tutta la poesia, tutta la musica. Tutto ciò è reale. Il sogno è reale. La grande difficoltà della realtà è giustamente quella di percorrere, comprendere, in tutti i sensi, e in tutti i lati, l’estensione del reale. Dettagli di un insieme di immagini passate e future dove le approssimazioni e le comparazioni diventano multipolari. Ricordi di una memoria fatta di incertezze, di imprecisioni, di spiritelli vegetali e minerali. Riti e ritmi ritorneranno sempre e sempre trasfigurati.

 

 

Potremmo definire Seducão da carne un film ecologico?

 

 

Oggi gli animali non fanno più parte della nostra vita e il loro sfruttamento è diventata ciò che alcuni studiosi chiamano, “grande massacro”. Nel suo Bestiaire de Nietzsche, François Brémondy ci pone una domanda alla quale è difficilissimo rispondere: “Tragedia (tragoedia), vuol dire canto del capro. Cosa fare di questo capro?”.

In un massacro Antropocene spero che questo sia un film pro pianeta, uno sforzo per ampliare il sentimento che pose fine al cannibalismo.

 

 

 

Traduzione dal portoghese: Simona Fina

 

 

 

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