"If I think about the future of cinema as art, I shiver" (Y. Ozu, 1959)

INTERZONE - Lezioni di letteratura + Lezioni di letteratura russa (Vladimir Nabokov)

Monday, 23 August 2021 15:41

Edipo Massi

Siamo tutti coleotteri ovvero A difesa del lettore eccellente

 

Ricordiamo Carmelo Bene quando sperava ci fosse ancora da qualche parte una minoranza di scrittori capace di tenersi lontana dal proprio tempo, dal sociale che confonde e acceca. Ricordiamolo soprattutto in questa epoca dove larga parte dei film parla un abbozzo di lingua fatta solo di co-produzione sceneggiatura e sociale. Un’arte di Stato. L’arte di Stato che, come diceva Vladimir Nabokov, si fonda e ripete il sostanziale connubio tra governanti e critici (o “la felice intesa fra il poeta e il poliziotto”), entrambi violentissimi con chi non paga pegno alla moralità vigente e ai temi sociali che sarebbero, a dir loro, di interesse pubblico. Quando lo Stato o un regista o uno scrittore vantano di sapere cosa interessa al pubblico, si sa dove si va a parare.

Eppure, mentre la popolazione “viene lasciata fuori al freddo, in un velo di neve lenta, al di là delle finestre illuminate di luce ambrata”1, nessuno può arrestare la nascita di lettori e visionatori acuti, indefessi (attenzione: non di artisti, i quali arrivano sempre un po’ dopo, attraverso l’osservazione di quei lettori e visionatori geniali). Essi lo sono perché capaci di disinteressarsi ai temi e alle storie e pronti a identificarsi con la mente di chi ha scritto o filmato. Alexandre Koberidze, il giovane sorprendente cineasta georgiano di cui parliamo in questo numero, ha in altra sede dichiarato il suo stupore per quanti film vengono fatti con l’idea che il pubblico sia stupido2. Ebbene, non c’è uno di questi “eccellenti” lettori e visionatori che non sappia, per esempio, che la Georgia raccontata da Koberidze tutto è tranne che una realtà storica ma l’invenzione poetica di un mondo particolare che viene donato e che appartiene al pubblico (parafrasando Nabokov, che dice la stessa cosa parlando di Tolstoj e di Čechov). Nabokov ricorda Puškin: “A nessuno/dover rendere conto, sé stessi solamente/servire e compiacere, e mai per il potere o la livrea/piegare la coscienza, né le idee, né il collo. […] Eccola, la felicità! ecco i diritti…”3

Vladimir Nabokov Lezioni di letteratura AdelphiBisogna fare più attenzione. Resistere e affilare armi segretissime. Leggere leggere leggere vedere vedere vedere. Essere degli entomologi molto competenti. Nabokov, che lo era, è il primo ad accorgersi che quello che Kafka ha tratteggiato ne La metamorfosi non è uno scarafaggio (come la vulgata di Stato vuole da decenni) ma un coleottero (Primo Levi ci era andato vicino parlando di scarabei). Immaginatevi l’uditorio di studenti americani tra il 1941 e il 1958 di fronte a questa lezione di letteratura. Zampette piccole, struttura convessa, dorso rotondo, piccole ali (all’occorrenza), le pagine in cui Gregor si erge a girare la chiave nella toppa che consentono, secondo Nabokov, di misurarne la lunghezza (novanta centimetri) e, soprattutto, come viene chiamato nel testo originale dalla vecchia carbonaia, Mistkafer, ovvero “scarabeo stercorario”… Lo capite che, dopo un secolo di letture senza cuore né attenzione, qui si tratta di un insetto nocivo molto più viscido, molto più atroce, molto più repellente di un semplice, piatto scarafaggio?4

I personaggi di Joyce e di Proust. Il primo li vuole assoluti per frammentarli e disseminarli fino a una sublime implosione; il secondo non concede la possibilità che siano in origine compiuti né che si possa conoscerli se non in modo relativo. I lettori di Joyce e Proust. I primi seguono le strade come segugi, danzano nel labirinto infilando tessere magiche; i secondi stanno molto attenti ai punti di vista esterni dei personaggi sui personaggi e giungono a chiarezza attraverso “prismi e ombreggiature”. Capite? Kafka Joyce Proust parlavano con se stessi perché parlavano con questi lettori5.

Navigare fra le ombre ha una sua bellezza. Nabokov non crede che tutta l’opera di Turgenev sia all’altezza (William Carlos Williams, già nel 1923, concorda e anticipa: “[…] Turgenev, mi piaceresti di più se, be’ se tu fossi più comprensibile, un po’ più specifico, vous comprenez? Spalanchi le braccia, tu - Ma io non vedo né volti, né dettagli della vita, né forme nuove - 6), ma è dall’analisi dei suoi periodi-acquerelli che può ricavare un passo così: “La Russia, all’epoca, era un unico, immenso sogno: le masse dormivano, in senso figurato; gli intellettuali passavano notti insonni - in senso letterale, in piedi a parlare del più e del meno, o semplicemente a meditare fino alle cinque del mattino, per poi andare a passeggio. C’era parecchia roba del tipo: gettarsi-sul-letto-senza-svestirsi-e-sprofondare-in-un-sonno-pesante, oppure balzare nei propri vestiti”7.

Ci si può anche arrischiare a confessare il desiderio neppure così segreto di ridimensionare Dostoevskij (la classifica dei primi quattro secondo Nabokov nell’ordine: Tolstoj, Gogol, Čechov, Turgenev), non è una provocazione ma il risultato di un metodo di rilettura liturgica e insistita dove, una volta venuto a cadere il piccolo sistema sociale delle storie (quando in pratica, dopo una prima lettura, si conoscono contesto trama e implicazioni), deve restare lo scrittore, oppure il regista dopo più visioni e mutazioni dell’occhio. Servono mani e occhi più incoscienti, meno interessati al presente. Il Dostoevskij de Il sosia, il Koberidze di What Do We See When We Look at the Sky? Se una mattina ci svegliamo trasformati in coleotteri, se finalmente diventiamo invisibili, tutto bene: come lettori visionatori e pensatori ciò che ci interessa sono la vita e la morte (un buon russo le direbbe maiuscole, Vita e Morte). E per interessarcene dobbiamo forse arrivare a muoverci sul piano incommensurabile della nostra stessa andatura, il moto inconscio, invisibile cui ogni giorno non facciamo caso, così vicino alla verità da farci comprendere (giunti così lontano) l’illusione del vero (il sogno di Flaubert e di Kafka). Scrive Nabokov su Tolstoj: “Quel che ci turba è il mero fatto ch’egli non sempre riconoscesse il proprio io quando veniva a trovarsi di fronte alla verità. Mi piace la storia di lui che, in un desolato giorno della sua vecchiaia, molti anni dopo aver smesso di scrivere romanzi, prende un libro e incomincia a leggerlo da metà, ne trae interesse e molto piacere, poi guarda il titolo e vede Anna Karenin di Lev Tolstoj”8.

Non è così? Non sono i più belli i romanzi che danno l’impressione di scriversi (di leggersi!) da soli? I film che sembrano vedersi da soli? I lettori stessi sotterranee correnti cui le opere alludono e che producono miriadi di letture allusive? Scrivere? Filmare? Le grandi illusioni. Sembra un po’ triste ma non lo è. Come dice Nabokov di Čechov, che scriveva “libri tristi per gente di spirito; vale a dire, solo un lettore con il senso dell’umorismo può davvero apprezzarne la tristezza”9.

 

 

 

1 V. Nabokov, Lezioni di letteratura russa, Adelphi 2021, p. 14.

2 V. la conversazione pubblicata su “Cinemascope” n. 87, dove per la precisione Koberidze si riferisce a molti film Usa recenti, ma il discorso vale altrettanto per la maggior parte di film cosiddetti ‘europei’…

3 V. Nabokov, cit. p. 28.

4 V. Nabokov, Lezioni di letteratura, Adelphi 2018, pp. 353-393.

5 Ivi.

6 W. C. Williams, Il grande romanzo americano, Marsilio 1995, p. 127.

7 V. Nabokov, cit., Adelphi 2021, p. 96.

8 Ivi, p. 193.

9 Ivi, p. 332.

 

 

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