LC/LC – autoritratto del nuovo millennio
Edipo Massi
Non è escluso che il titolo di questa scheggia gemma di Carax si riferisca – col misto di furia ironia e rigore che gli è proprio – anche al fatto che è stata pensata per una mostra al Pompidou di Parigi (“il film doveva essere visto una volta, sparire”), e dunque è legittima la sorpresa (il sollievo?) di vederla trasformata in un “film-film” (sempre secondo le parole di Carax) solo grazie al grande schermo e alla situazione-sala-cinematografica di Cannes (non a caso ripetiamo le parole usate per Tsai Ming-liang). “Merda, la gente lo sta vedendo”. Lo vede, e cita Godard. Più che le Histoire(s), il riferimento corretto sembra JLG/JLG – autoportrait de décembre. LC/LC ha forse in mente il capolavoro di Godard soprattutto nel metodo, che non riguarda solo lo scavo e la risalita di film amati o sopiti nell’inconscio, ma l’idea di immagini (spesso solo un’inquadratura) che si cercano e si avvicinano l’un l’altra in modo da determinare, anzi proprio permettere di imparare il montaggio e di “mostrare qualcosa sul movimento” (e – qui davvero godardiano – di dire qualcosa di politico, Gaza compresa). Situazione primaria, affine alle origini (sempre anelate da Carax), che a sua volta ha il volto ovale dell’auto-ritratto (e questo avvicina Carax a Kitano, come si vede in questo numero). Più che una forma narrativa, Carax sperimenta così una sessione musicale ‘jazzata’ dove scrivere e montare improvvisano una melodia che va oltre le riprese o il set (di cui si potrà fare quasi completamente a meno, a parte ciò che riguarda il proprio corpo, l’auto-ritratto, peraltro filmato da Caroline Champetier, a cui vanno aggiunti dei frammenti definibili come home-movies dove Carax film sua figlia sul… Pont Neuf). Per cui è abbastanza facile riferirsi al film-saggio, che però sarebbe una deviazione rispetto al film-film in cui finalmente Carax si ritrova. D’altra parte, alla domanda-commissione del Pompidou – dove sei, Leos Carax? – la risposta è subito data all’inizio di questi bellissimi quarantuno minuti: “Non lo so”.