"If I think about the future of cinema as art, I shiver" (Y. Ozu, 1959)

Adieu au Langage 3D (Jean-Luc Godard)

Saturday, 11 April 2015 14:33

A-God-Ar-dieu (su Adieu au Langage, più Remercement…)

Bruno Roberti 

 Chiens perdus sans collier, le quattro mura di una casa. La casa del mondo. Le forze forti e le forze deboli… la gravità. La caduta dei gravi, dei pesi, uccelli sul ramo, trafitti, caduti, involati. Il fiume scorre, andirivieni sulle sponde de Lac de Gèneve. I quattro elementi, i quattro lati del mondo. Attrazione elettromagnetica, la mela che cade sulla testa di Newton. Il peso dei gravi… oh leggerezza del dimenticare o del ricordarsi!

 Le temps passè, le temps passè… ritrovare il tempo, trovare il tempo, lasciarlo cadere. Alors je rentre a la maison. Dimenticarsi le battute, entrare e uscire di scena (dietro le quinte). A-Dieu Manoel! Guardare attraverso quella finestra, una finestra sul reale… come inquadrarla? E come intra/vedere lo slittino sulla neve, e poi rientrare, in piano sequenza, nella casa dei padri e delle madri? È il Qatre de chiffre, Potere del Quarto (buon centenario Orson!). Il Quarto! (che è il diavolo che ci mette la coda, il quaternion di cui parla Jung).

 Quattro lati, quattro grandi cinematografie, dice Godard, la Russa, la Tedesca, la Francese, l’Americana… e poi La Grande Lingua Italiana, cinema senza uniforme, lingua della realtà appunto, lingua scritta del reale, scritta con i pezzi del reale (‘che la realtà non sia infine che un cinema in natura?’ diceva P.P.P., eppure non ci è dato mai vedere, in realtà, il nostro volto in PPP, ne deriva ‘che il primo e principale dei linguaggi umani può essere considerata l’azione stessa’).

 Allora: rientro a casa con Le ceneri di Gramsci, dice Godard (ca parle de l’humble corruption), ed è lì che ‘cade l’ombra’, ombra e baleno, ‘come morto corpo cade’, ma si sprigiona anche da una nuvola nera una luce rosata… come è intraducibile, e in fondo inutile, il linguaggio, che, come il cinema, non può mai essere declinato ‘al futuro’(nella saletta di proiezione di Le Mèpris), proprio perché è nel momento in cui entra in azione: qualcosa nonostante tutto ‘accade’, è un continuo avvenire che può essere solo in presenza, la dove si dice, dove tutto è lingua, lingua (del) reale.

 Dov’è che cade il corpo (ri-preso a volo) di Godard? E dove, dove va…dove vado? Vado dove vedo/devo. De/Voir: splendida diplopia, e certo se c’è un D1 (Di-uno, Die-un, A–Dieu Uno!) dovrà pur esserci un 2D, e se c’è un D2 (dio doppio, demiurgo), dimidiato e già divis(t)o, ci sarà un 3D tra/lasciato, somma inutilità (ma anche Somma Luce, cioè diffrazione di ciò che si ri-vela nella luce del Reale, nel buco del reale, da cui proviene quella luce, luce rosata…).

“Cade però, nell’irrisione, ogni idea precostituita di futuro” (appunto 84)

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