"If I think about the future of cinema as art, I shiver" (Y. Ozu, 1959)

MACHIKO KYŌ

Wednesday, 05 February 2020 22:34

Edipo Massi

 

Non sapevo che non si fosse mai sposata. Mi pare impossibile. O forse Princess Yang Kwei-Fei deve averla dissuasa. Troppo sacrificio. Troppo colore. Eppure già con Ugetsu Monogatari Mizoguchi doveva averla convinta che non si può fare a meno dei fantasmi, o del fantasma dell’amore. Forse è stato Kurosawa. È lui il colpevole. Le ha mostrato troppe possibilità, troppe diverse versioni della stessa cosa. O forse - parole di Kurosawa (Something Like An Autobiograpy) - la sua dedizione al ruolo era al di sopra di tutto (santo dio, non è facile essere stuprata da Toshiro Mifune). Ma il punto è che questa immensa attrice poteva con poco assorbire e riconsegnare all’immagine ogni singolo e contrastante carattere, in una pirotecnia di stati d’animo che potevano cambiare il volto intero di un film. Basta vedere il suo unico film americano (di Daniel Mann, con Marlon Brando e Glenn Ford!). Sembra che Princess Yang Kwei-Fei, per restare all’America, piacque a Eleaonor Roosvelt (ma questa è un’altra storia). Piuttosto, non credo che molti si aspettassero la deriva bad girl di Street of Shame. Ma lei poteva tutto. Bellezza violenta e archetipica insieme. Non dimenticherò mai il finale di Floating Weeds di Ozu. Un notturno senza fine, la stazione, un uomo e una donna che si danno un’altra possibilità. Machiko Kyō si alza e compra i biglietti. Sul treno apre una bottiglia. Bevono insieme. Il treno si allontana nella notte.

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