"If I think about the future of cinema as art, I shiver" (Y. Ozu, 1959)
"If I think about the future of cinema as art, I shiver" (Y. Ozu, 1959)
Come Bonello, Kaurismaki pensa che ci sia bisogno d’amore. Però l’amore di Kaurismaki viene da un’idea di speranza che lui chiama Chaplin, Bresson, Ozu. La speranza è nello spazio semplice e insieme infinito fra un’immagine e l’altra, come se si potesse fare di ogni inquadratura un respiro. Più che una metafora, è un dato di fatto, Fallen Leaves è una visione assimilabile a una boccata d’ossigeno. Non ci si rilassa, anzi Kaurismaki è anche qui strettamente politico quando dice che l’intensità, la trasparenza, la passione riguardano una storia d’amore tra proletari. Questo è il segreto di un cineasta fin troppo sottovalutato: non c’è un suo film che non sia perturbante, ma l’inquietudine e la rabbia politica sono connaturate in un’idea di cinema come composizione. Non c’è montaggio, c’è l’invisibilità del raccordo e la materia della luce, proprio come nella vita, nei suoi passaggi più inspiegabili. Se un personaggio sembra barcollare in una strana erranza, come in una lunga conversazione col vuoto, questo è esattamente il respiro, lo spazio necessario per svelarne il corpo, per restituirne intatta l’umanità. Ciò che sembra evocazione, è al tempo stesso documento dei soprusi cui le donne e gli uomini vengono sottoposti fino a sentirsi espropriati. Le foglie che cadono hanno questa esilità e mostrano un misto misterioso di fascino e angoscia, ma il punto è che provengono dalla solidità dell’albero: non è nascondendo i conflitti e le contraddizioni che si resta umani. Per Kaurismaki perfino un presentimento doloroso è un segno di vita, la sua ‘arte’ è riuscire a connetterli, accordarli. Lui lo dice meglio di chiunque: “Anche se ho acquisito negli anni una certa dubbia notorietà grazie a dei film piuttosto violenti e inutili, la mia angoscia di fronte a delle guerre vane e criminali mi ha infine spinto a scrivere una storia che possa offrire un avvenire all’umanità: il desiderio d’amore, la solidarietà, il rispetto e la speranza nell’altro, nella natura e in tutto quello che è vivo o morto e che lo merita”.