Hotel Occidental
Fulvio Baglivi, Lorenzo Esposito
Che? La domanda del 1972, titolo geniale con l’idea di filmare una deriva erotica assoluta e le mostruosità dell’italietta più guascona e imbelle, torna come un coltello nell’acqua (via Skolimovski e sognando sempre Gombrowicz) nella ben poco neutrale Svizzera 1999 per raccontare l’apocalisse di nome Europa (e, fra gli altri e le altre, torna Sidney Rome, allora sempre nuda e qui denudata con quel ghigno acido che però in Polanski è anche pura tenerezza; e chissà, fosse ancora vivo il Mastroianni di Che?, se sarebbe stato al posto di questo Mickey Rourke che più flagrante non si può). The Palace è il capolavoro di tutte le fini e di tutti gli inizi millennio, la risata cinica e amara, la lucidità e l’autocritica, uno dei set più visionari mai visti. Polanski resta inarrestabile come i suoi film: nulla di più politico, nulla di più cinematografico. E perdutamente kafkiano a cent’anni dalla scomparsa di Kafka, di cui qui vediamo il lato più rocambolesco e acido, quello meno conosciuto e riconosciuto, ma talmente cristallino è il richiamo all’Hotel Occidental di America (che nome questo hotel di Kafka! Strano non sia venuto in mente questo titolo a Polanski e Skolimowski). Il congegno kafkiano d’altra parte è tale perché tutto spostato sulle spalle dello spettatore, che guarda il film come Kafka davanti al superiore dell’Istituto di assicurazioni per cui era impiegato che gli comunica la promozione e lui non può smettere di ridere sguaiatamente e nervosamente. La piccolezza del tutto documentata da chi preferirebbe essere piccolo e svanire nel nulla. L’esatto contrario del cinema e dell’Europa che siamo costretti a vedere oggi.
(una versione più breve di questa nota è stata pubblicata su il manifesto del 05/10/2023)